Dott.ssa Valentina Bernacchini Biologo Nutrizionista a Macerata. Tel +39 339.75.37.129
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Gli antinutrienti

I composti antinutrizionali o antinutrienti sono sostanze naturali o di sintesi che interferiscono con il metabolismo e l’assorbimento dei nutrienti. Sono presenti sia negli organismi vegetali, dove svolgono funzioni strutturali, di riserva o di difesa contro eventuali predatori, sia negli organismi animali (es. tossine e ammine biologiche presenti nei molluschi o nei pesci, nei derivati del latte e nel vino). Possono anche formarsi dai processi di degradazione, di cottura (es. ammine eterocicliche delle carni cotte) o di conservazione degli alimenti, o essere presenti come contaminanti ambientali, microbici, fungini o xenobiotici (agrofarmaci, ormoni, ecc.).

Gli antinutrienti possono essere classificati in base all’azione che svolgono:

  • riducono la digestione proteica e l’utilizzazione delle proteine (es. inibitori della tripsina e della chimotripsina, lectine o emoagglutinine, composti fenolici, saponine);

  • interferiscono con la digestione dei carboidrati (es. inibitori dell’amilasi, composti polifenolici, fattori di flautolenza);

  • disturbano la digestione e l’azione dei sali minerali (glicosinolati, acido ossalico, acido fitico, gossipolo);

  • inattivano le vitamine o causano un incremento del loro fabbisogno (antivitamine);

  • producono un effetto tossico ( es. afla-tosine, nitrati).

  • stimolano il sistema immunitario (istamina, antigeni).

 


Gli antinutrienti più comuni 

 antinutrienti

  • Fitati e acido fitico, legano diversi metalli riducendone l’assorbimento (es. Calcio, Magnesio, Zinco, Rame, Ferro). Si trovano nei cereali (soprattutto integrali), nei legumi, nelle verdure e, in quantità minori, nella frutta a guscio e nel cacao. Alcune tecniche per ridurne la loro presenza sono: il lungo ammollo sostituendo più volte l’acqua, l’ambiente acido (es. aggiungendo succo di limone) e la cottura prolungata.

  • Ossalati e acidi ossalico, interagiscono col Calcio (ma anche con Ferro e Magnesio) formando cristalli insolubili (es. ossalato di calcio) che possono precipitare nelle vie urinarie e determinare la formazione di calcoli renali. Gli alimenti ricchi di ossalati sono principalmente di origine vegetale: bietole, spinaci, cacao, barbabietole, rabarbaro, cavolfiore. Cuocere questi alimenti in acqua e aceto diminuisce la quantità di ossalati presenti.

  • Inibitori delle proteasi, sostanze che inibisco l’azione degli enzimi coinvolti nella degradazione delle proteine (chemiotripsina e tripsina). I legumi, le patate e l’albume dell’uovo li contengono ma la cottura risolve completamente il problema.

  • Tannini, composti polifenolici che inibiscono l’assorbimento di alcuni minerali, in particolare calcio e ferro. Sono contenuti nell’uva, nel vino, nei cachi, nel cacao e nelle sostanze nervine (tè e caffè).

  • Glucosinolati, sostanze ad azione anti-tiroidea. Gli isotiocianati contenuti nei vegetali appartenenti alla famiglia delle Brassicaceae (broccoli, cavoli, cavolfiori, cavoletti, rucola, senape, rafano, cime di rapa, crescione, ravanelli) hanno un’azione di sequestro sullo iodio, usato dalla tiroide per produrre gli ormoni tiroidei, T3 e T4. La cottura risolve in buona parte questo problema, ma un’attenzione maggiore è tuttavia consigliata a chi soffre di ipotiroidismo.

  • Avidina, proteina antivitaminica presente nell’albume dell’uovo che lega la biotina (vitamina H) e ne riduce l’assorbimento. La cottura la inattiva ed elimina il problema.

  • Solanina, un glicoside termostabile in grado di causare disordini neurologici. E’ presente nelle patate, melanzane, nei peperoni verdi e nei pomodori. La concentrazione di solanina è inversamente proporzionale alla maturazione degli ortaggi. Attenzione alle patate che ne contengono di più nella buccia e nei tuberi vecchi o germogliati! Usate quindi ortaggi freschi ed eliminate i germogli. Anche la cottura e la salatura contribuiscono a diminuirne la concentrazione.

  • Ammine ad azione cerebrale, l’istamina e la tiramina sono due ammine contenute negli alimenti che in soggetti particolarmente sensibili possono scatenare crisi molto simili alle allergie (cefalea, aumentato battito cardiaco, aumento della sudorazione e della lacrimazione, sensazione di calore). L’istamina è contenuta in moltissimi alimenti: pesce in scatola (sgombro, acciughe, tonno), formaggi stagionati e/o fermentati (ad esempio parmigiano o camembert), affettati e salumi (prosciutto crudo, bresaola, salame), alimenti fermentati (crauti, aceto o birra) ed estratti di lievito. Altri cibi, invece, promuovono direttamente il rilascio di istamina nell’organismo e sono ad esempio le fragole, la frutta secca, le spezie, l’ananas, il pomodoro, l’alcol, il cioccolato e l’albume d’uovo.

  • β-aminopropionitrile, un aminoacido neurotossico resistente alla cottura presente nei semi di cicerchia, in grado di indurre latirismo (disturbi di mobilità degli arti inferiori ed alterazione della sensibilità generale). Il lungo ammollo in acqua ne riduce la concentrazione e il consumo saltuario non comporta rischi. Inoltre, ad oggi sono disponibili coltivazioni a basso contenuto di tale sostanza.

  • Aflatossine, prodotti del metabolismo secondario di alcuni tipi di funghi (es. Aspergillus flavus) che si sviluppano sui cereali (in particolare mais), semi oleaginosi, spezie, granaglie, frutta secca ed essiccata, sia durante la coltivazione che durante il raccolto e lo stoccaggio. Sono sostanze fortemente tossiche ad azione mutagena e cancerogena che hanno effetti importanti su tutto l’organismo, ad esempio ad alte dosi sono correlate all’insorgenza di tumori epatici e morte. Essendo termostabili l’approccio è soprattutto preventivo curando ogni fase di possibile contaminazione, dalla raccolta delle derrate alimentari allo stoccaggio e alla conservazione degli alimenti.

  • Nitrati e Nitrati, possono essere normalmente presenti in alcuni alimenti (verdure e acqua) o aggiunti come conservanti, soprattutto nelle carni trasformate (E249, E250, E251 ed E252). La loro aggiunta volontaria ha lo scopo di prevenire lo sviluppo di batteri patogeni, fra cui il Clostridium botulinum, ma la concentrazione aggiunta è in genere la quantità minima in grado di prevenire lo sviluppo di tali batteri. I nitrati, di per sé innocui, vengono trasformati nell’organismo in nitriti (25% ad opera dei batteri orali), i quali si legano all’emoglobina e inibiscono il legame con l’ossigeno (per questo andrebbero evitati nei bambini e nei neonati). Inoltre, i nitriti possono reagire con le ammine alimentari formando le nitrosammine (processo favorito anche dalle alte temperature di cottura degli alimenti, come le fritture), potenzialmente cancerogene. Va inoltre sottolineato che un consumo eccessivo e prolungato di nitriti è associato ad un aumento del rischio di sviluppare tumori del tratto gastrointestinale (es. colon-retto).

 Tuttavia, nell’ambito di una dieta varia ed equilibrata gli antinutrienti non creano problemi alla salute poiché presenti in piccole quantità e ingeriti saltuariamente. Problemi possono però sorgere in caso di alimentazioni monotone o particolarmente restrittive, dove gli antinutrienti possono accumularsi e causare stati carenziali e di accumulo dannosi per salute.

Fonti aggiornate ad ottobre 2015:

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